4 febbraio 2013

Effie. Storia di uno scandalo


In copertina, il ritratto
della sorella di Effie
ad opera di J.E. Millais
Com’è difficile stare lontana dal mio blog! Ma in queste settimane gli impegni della scuola e del mio corso di abilitazione all’insegnamento mi stanno portando via tutto il tempo e le energie… Stamattina però mi dedico subito subito ad Ipsa Legit, prima che le dispense di “Progettazione didattica e formativa”, la lezione da preparare in PowerPoint per domani, e i misteri della creazione di un Digital Story Telling mi rubino l’ispirazione per scrivere. 
Come vi anticipavo qualche giorno fa, sto leggendo Effie. Storia di uno scandalo di Suzanne Fagence Cooper (lo sto leggendo in inglese, in italiano è stato pubblicato da Neri Pozza). È la storia, intensa e dolorosa, di Euphemia, moglie dell’egregio John Ruskin – il maggior critico d’arte britannico, emblema del vittorianesimo. L’autrice del romanzo fa riferimento a lettere originali per ricostruire le amare vicende del matrimonio tra il grande intellettuale e la splendida ragazza e con la sua scrittura davvero pregevole ci restituisce la personalità concreta di Effie, che incontriamo come se fosse una persona reale, e tutta l’enormità della sofferenza che dovette sopportare. Lo scandalo che investì Londra quando ella, raro esempio di donna vittoriana che si ribellò ad un destino di sottomissione, lasciò il marito perché John non aveva voluto consumare il matrimonio, è solo una parte di questa storia, che approfondisce invece molto bene la dimensione emotiva (e psicosomatica: insonnie, tic nervosi, tremori, emicranie) del dolore di Effie e dei suoi familiari, dei suoi amici e dei suoi tanti innamorati – compreso il secondo marito, lo straordinario pittore John Everett Millais. La crudeltà cui Ruskin sottopose la sua giovane moglie si realizzò innanzitutto nel rifiuto fisico, poi nel preferire alla sua compagnia quella della propria madre e del proprio padre, poi nel costringerla a frequentare il “bel mondo” in completa solitudine e dunque senza la protezione necessaria, e infine nell’asserire che “his marriage was the greatest crime he had ever committed in acting in opposition to his parents” [quel matrimonio era stato il peggior crimine che avesse mai commesso agendo in opposizione alla volontà dei suoi genitori]. E tale crudeltà raggiunse il culmine della pericolosità quando egli, ormai probabilmente deciso a liberarsi di lei, avendo notato la simpatia che legava Effie al suo giovane protetto Millais, fece in modo che i due trascorressero insieme il maggior tempo possibile, sperando che la moglie cadesse in tentazione. Ella invece resistette, e fu Ruskin a dover pagare il conto davanti agli occhi (e alle voci) dei londinesi bramosi di pettegolezzi. 

John Everett Millais, Spring, or Apple Blossom, 1859, National Museums Liverpool
Nonostante questa attenzione, ottimamente resa grazie una scrittura elegante e limpida, al mondo interiore di tali grandi personaggi della storia inglese di metà Ottocento, io trovo che il successo del romanzo di Cooper stia nella rappresentazione della scena vittoriana. Sfogliando le sue pagine ci troviamo del tutto immersi in quel mondo opulento, e disorientati dai suoi vividissimi contrasti. Grazie ad Effie entriamo dalla porta principale nella rutilante Londra dell’Esposizione Universale, in un tripudio di feste, di strascichi, di salotti, di suppellettili preziose, di frequentazioni celebri (Effie fu compagna di scuola di Elizabeth Gaskell e amica di vere personalità come Rawdon Brown), di conversazioni edotte, di viaggi in Italia. “We can look over Effie’s shoulder as she stands at her open window on Twelfth Night 1850, watching as Venice is transformed by snow. Across the lagoon, San Giorgio Maggiore stands clean and cold, a silhouette against the storm clouds. Effie pulls her blue velvet jacket over her shoulders” [Possiamo guardare da sopra la spalla di Effie, mentre ella sta davanti alla finestra aperta il giorno dell'Epifania del 1850, a guardare Venezia transfigurata dalla neve. Oltre la laguna, San Giorgio Maggiore si staglia limpida e fredda, solo un profilo contro le nuvole gonfie di tempesta. Effie si copre le spalle con la sua mantella di velluto blu]. Il ritorno dell’immagine delle spalle di Effie, che conferisce una sottile circolarità a questo breve passo, si sposa stilisticamente con la citazione della ricchezza del velluto blu e con la descrizione di una Venezia pura, algida, innevata e minacciata dalla tempesta, che ha un altissimo valore simbolico.
John Everett Millais, Ophelia
1852, Tate Gallery
La forza pittorica di questo libro sta non solo nel suo talento icastico ma anche e soprattutto nella sua rievocazione dell’ambiente artistico in cui Effie si ritrovò a vivere. Ella fu dapprima moglie di un critico d’arte (che anche grazie a Stones of Venice assurse a fama internazionale e divenne una sorta di “vate” della fruizione artistica di tardo Ottocento) e poi di un pittore, per il quale posò molto frequentemente. John Everett Millais (autore del conosciutissimo Ophelia), conciliò nella propria carriera l’appartenenza alla Confraternita dei Preraffaelliti di Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e Edward Burne-Jones, e l’ambizione della Royal Academy. È grazie ad Everett Millais che ci rimangono i ritratti di alcuni fra fra i campioni della sua epoca (non solo Ruskin, ma Tennyson, Darwin, Gladstone e il Cardinale John Henry Newman) e l’intensa rappresentazione degli ambienti vittoriani che Effie frequentò per tutta la vita – atmosfere dense di colore, di nostalgia per un passato e una purezza perduti, di dolorose costrizioni fisiche ed emotive, di dubbi devastanti sulla natura dell’essere umano, malinconicamente solo sulla brillante scena di una nazione in trionfo.