21 novembre 2011

Letture... di peso

Ogni tanto, tre volte o quattro volte l'anno, mi dedico ad una lettura veramente importante. La mia formazione, del tutto improntata alla letteratura (iscritta alla facoltà di Lingue, scelsi l'indirizzo filologico-letterario, che mi consentì di spaziare fra i veri capisaldi della storia della scrittura), ha spianato per me un percorso che mi ha sospinta verso le maggiori opere delle penne britanniche, nordamericane, italiane, mitteleuropee. Shakespeare, Mann, Kafka, Böll, Bernhard, Schnitzler, Defoe, Fielding, Marlowe, Brecht, Kleist, Marx, Leopardi, Pascoli, Dante, Petrarca, Dickens, Gaskell, Brontë, Eliot, Thackeray, Conrad, Spenser, Sidney, Schelling, Schiller, Hawthorne, James, Wharton sono alcuni degli autori sulle cui pagine ho speso mesi e mesi di preparazione ad esami universitari dai programmi molto ben sviluppati, che ho amato tanto e su cui ho anche sudato un po'. Allora non potevo concedermi letture di puro svago; non ne avevo il tempo. Finita l'università, concluso il dottorato, ho cominciato al contrario a dedicarmi a tutti quei libri che avevo sempre dovuto accantonare, ed oggi la lettura è davvero solo una passione. Talvolta, però, sento ancora il bisogno di una lettura... di peso. Di peso fisico, certo, ma soprattutto di peso letterario. Le letture di peso di quest'anno sono state Il nostro comune amico di Dickens, Anna Karenina di Tolstoj, Moby Dick di Melville. Ed ora tocca di nuovo a Tolstoj: dopo numerosi tentativi ho deciso definitivamente di entrare nel mondo di Guerra e pace. Credo che questo romanzo, da molti considerato la più alta espressione del genere, mi accompagnerà fino all'inizio del prossimo anno, e penso che il suo affollato foyer di personaggi (tutti scalpitanti, pronti ad entrare in teatro quando il loro sommo creatore li richiamerà sulla scena) mi terrà buona compagnia. 
Il foyer del Teatro La Fenice a Venezia.
Foto di Mara Barbuni 
Pubblicato per la prima volta in rivista, a puntate, tra il 1865 ed il 1869, Guerra e pace racconta di due famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, durante la campagna napoleonica in Russia (1812). Ma questo grande romanzo non è solo una saga familiare: con i suoi continui e puntuali richiami filosofici, le dissertazioni scientifiche e i riferimenti cronologici, il racconto si fa forte della Storia, si imbeve di drammaticità, e scocca un potente sguardo onnisciente che domina tutti gli eventi, da quelli microcosmici (dall’intimità del salotto aristocratico alle pieghe del cuore) a quelli universali (come la battaglia di Borodino).
Per la sua potente espressività epica e tragica, da questo romanzo sono state tratte diverse versioni cinematografiche: War and Peace del 1956, diretto da King Vidor; Guerra e pace: Natascia - L'incendio di Mosca, colossal del 1967 diretto da Sergej Bondarčuk; Guerra e pace, miniserie TV della RAI del 2007 diretta da Robert Dornhelm.


16 novembre 2011

Death Comes to Pemberley

Il libro è finito, ed è con molta nostalgia che ho voltato la sua ultima pagina (elettronica). In questi ultimi giorni, trascorsi sprofondata in questa storia, è stato come se fossi stata invitata io stessa a Pemberley, a partecipare dei suoi ritmi delicati e a godere degli incantevoli panorami che si estendono illimitati fuori dalle sue finestre. E così terminare il libro mi ha dato la sensazione della fine di una festa da ballo particolarmente ben riuscita, quando la carrozza ti sta aspettando davanti al portone e già albeggia, e gli altri invitati, quelli che resteranno ancora a lungo nella grande dimora, ti salutano con la mano dall'alto del balcone. 
P.D. James è riuscita ad evocare il mondo austeniano con una sensibilità e una perizia non comuni. Già nel prologo il lettore che sia nuovo alla sua narrativa ha l'occasione di scoprire il suo talento, poiché in poche pagine l'autrice riesce a riassumere con straordinari acume e leggerezza l'intera vicenda di Orgoglio e pregiudizio, narrandola come una storia raccolta origliando qua e là fra le case e le botteghe di Meryton, e decorandola quindi con un delizioso tono da gossip (e uso questa parola nel suo significato di "comare", immaginando matrone e signore vestite di trine intente a chiacchierare dietro gli angoli delle porte). 
Ma l'avanzare dei capitoli viene scandito da una modulazione sempre più cupa. La luminosità del capolavoro di Jane Austen si attenua gradatamente ma infallibilmente, e presto lunghe ombre di dolore e di mistero si allungano sopra il bosco, il fiume, il cortile, e poi la grande magione di Pemberley. Il passo che traduco qui, che si colloca all'inizio della vicenda, è a questo proposito molto significativo:
"Attardandosi presso la finestra e accantonando le preoccupazioni del giorno, Elizabeth lasciò che gli occhi trovassero riposo su quella bellezza, che le dava calma, ma era sempre cangiante. Il sole scintillava dal cielo di un azzurro chiarissimo, in cui solo poche fragili nubi si dissolvevano, come fili di fumo. [...] Ora ella vide che il vento si era rinforzato. La superficie del fiume era increspata di piccole onde che si riflettevano sull'erba e sui cespugli che lo costeggiavano, le loro ombre interrotte tremanti sull'acqua agitata."
E poi questo ancor lieve sentore di minaccia si concretizza nel cuore della sera, quando i signori Darcy e i loro ospiti (tra i quali non mancano Jane e suo marito, Charles Bingley) vengono avvisati dell'arrivo di un trafelato cocchiere. "L'immaginazione le restituì ciò che era troppo lontano per esser visto - le criniere dei cavalli scosse dal vento, i loro occhi selvaggi e le spalle tese fino allo spasimo, e il postiglione ansante sulle redini. Erano troppo lontani perché le ruote si potessero sentire, e ad Elizabeth sembrò di star rimirando una carrozza spettrale, che silente s'involava nella notte di luna, come il temibile messaggero della morte."
E la morte arriva in effetti a Pemberley, mentre "il vento si precipitava d'un tratto all'interno, una forza gelida e irresistibile che sembrava prendere possesso dell'intera casa spegnendo in un momento tutte le candele"; e al di là dell'immediata tragedia della dipartita violenta di un uomo e delle conseguenze giudiziarie che si impongono su chi appare come il suo assassino, essa porta con sé un'atmosfera torbida e pesante, piena di pensieri oscuri, di rimorsi, di dubbi fiaccanti. Il protagonista di tali e tante cupe riflessioni è soprattutto Darcy, che a causa dell'omicidio avvenuto sulle sue terre e del processo si ritrova rispedito indietro nel proprio passato e negli imbarazzi e nelle difficoltà che avevano caratterizzato la sua vicenda personale in Orgoglio e pregiudizio. Come ella stessa sostiene (vedi post precedente), una delle ragioni per le quali P.D. James ha intrapreso la scrittura di un sequel austeniano è stata la necessità di cercare una soluzione al carattere misterioso di questo meraviglioso personaggio, che nella storia originale subisce una trasformazione netta e a tratti inspiegabile; e posso affermare che questo romanzo ci racconta Darcy nella sua immensa umanità, fatta di passione, di amore, di dedizione, ma anche di paure, di ripensamenti, di debolezze. Noi lettori soffriamo insieme a Darcy per l'intero corso dell'udienza e vorremmo presto vederlo liberato dalle pene che lo affliggono; ancora una volta l'"Uomo" creato da Jane Austen ci mette a disposizione i suoi sentimenti e le sue fragilità e ci entra nel cuore insieme alla sua Elizabeth.
E allora anche noi, già seduti nella nostra carrozza che lascia Pemberley, ci giriamo a salutare di nuovo, come se i padroni di casa, e Jane, Bingley, Georgiana, Mrs Reynolds (ma anche Emma e Knightley, e Anne e Wentworth, le cui vicende in un modo o nell'altro James fa intrecciare alla propria storia) e tutti gli altri fossero amici che sappiamo non rivedremo presto. 
Almeno fino alla prossima lettura. 


8 novembre 2011

P.D. James a Pemberley

Chatsworth, Derbyshire
Pemberley in Pride and Prejudice 2005
In questi giorni mi sto godendo il nuovo romanzo di P. D. James, Death Comes to Pemberley, e lo sto leggendo con una lentezza per me inusitata; per quanto sia curiosissima di sapere come si concluda la vicenda, non voglio precorrere i tempi e sento già il dispiacere di quando l'avrò finito. In attesa dei commenti finali, destinati al prossimo post, mi piace ascoltare l'intervista rilasciata dall'autrice a presentazione del suo libro; il video è in inglese, e vale la pena di essere visto anche solo per ammirare lo sguardo ancora limpido e arguto dell'anziana scrittrice (ecco il link: http://vimeo.com/31252065). Per facilitare la comprensione da parte di tutti, tuttavia, ho cercato di tradurre i passi salienti della conversazione: 
Lyme Park, Cheshire
Pemberley in Pride and Prejudice 1995
"Jane Austen è prepotentemente la mia scrittrice preferita, e lo è da moltissimi anni; ho cominciato a leggerla nella mia infanzia, e i suoi sono stati i primi libri che io abbia letto. Li rileggo ancora e ancora; credo di rileggerli tutti una volta all'anno, e in parte li conosco a memoria. Penso sia così per tutti i suoi ammiratori; ella vive nella nostra immaginazione. Credo sia perché anche i suoi personaggi vivono dentro di noi che ci sembra di conoscerli così da vicino; siamo sempre tentati di chiedere: 'Cos'è accaduto dopo?'. Tutti i suoi libri finiscono con un buon matrimonio, sono tutte storie romantiche che rispondono ad un modello di base - c'è una giovane donna attraente che vive molte difficoltà, ma le supera e alla fine sposa l'uomo che si è scelta. E immagino che noi ci chiediamo, 'D'accordo, ma poi cos'è successo? Hanno avuto dei figli? E' andato tutto per il verso giusto? Si sono sistemati bene? Cos'è successo?' Per questa ragione in molti hanno effettivamente scritto dei sequel - io non li ho letti, e non ero minimamente tentata di scriverne uno, perché, essendo una scrittrice, la creazione dei miei personaggi per me è molto importante, e non sentivo il bisogno di usare il lavoro degli altri. Ma l'altra mia passione è scrivere gialli, e ho trovato irresistibile l'idea di mettere insieme questi due miei amori: esaminare un matrimonio felice, come sappiamo è stato quello di Darcy ed Elizabeth, e rispondere ad alcune domande che il libro [Orgoglio e pregiudizio] lascia irrisolte - la più importante è lo straordinario cambiamento nel carattere di Darcy nel periodo intercorso tra la sua prima proposta di matrimonio ad Elizabeth e la seconda, andata a buon fine -; e contemporaneamente vedere se ero in grado di costruire un giallo con degli indizi e una soluzione razionale che il lettore potrebbe aver scritto di proprio pugno obbedendo alla deduzione logica (gli indizi compaiono tutti nel libro) e arrivare alla fine ad una soluzione del mistero. Ho voluto che l'ambientazione fosse rurale, un'ambientazione che mostrasse il contrasto tra il mistero da una parte e l'ordine, la pace, la civiltà che Pemberley rappresenta dall'altra. Nel libro Pemberley è il simbolo della civilizzazione raggiunta nella sua epoca; fuori poi ci sono due terreni boschivi, di cui uno è una creazione dell'uomo, il risultato del progetto di un celebre architetto paesaggista; l'altro è invece lo spazio selvaggio, situato a nordovest rispetto alla casa, attraverso cui si trova l'ingresso al quartiere della servitù e il passaggio verso le stalle. Questo territorio rappresenta la tenebra e il mistero, e vi ha luogo una tragedia di cui ora non vi parlerò, ma in conseguenza della quale nessuno osa visitarlo dopo che è sceso il buio. Si presenta dunque questo forte contrasto tra i due spazi, che pure sono così vicini: dalle finestre della casa si vedono, in lontananza, le ombre oscure del bosco."
La passione per i personaggi austeniani, un setting che trasuda magnificenza, l'impoderabile senso del gotico, i presupposti di una tempesta di emozioni. La ricetta perfetta per invitare alla lettura in queste giornate piovose e presto buie.


1 novembre 2011

Phyllis Dorothy James

Questa distinta signora dallo sguardo glaciale è Phyllis Dorothy James, meglio conosciuta al grande pubblico con le iniziali dei suoi due nomi di battesimo che hanno creato come un marchio di fabbrica per una delle forme più alte della letteratura gialla contemporanea. P.D. James, membro permanente della House of Lords (il suo titolo è Baroness James of Holland Park), nata a Oxford nel 1920, è tuttora in attività: nei prossimi giorni è prevista infatti l'uscita di Death Comes to Pemberley, una storia di omicidi ambientata niente meno che nella dimora dell'austeniano Mr Darcy (qui è possibile leggere il comunicato stampa della casa editrice Faber&Faber; ed ecco il link al booktrailer). Il libro, che si inserisce nella intensa produzione di sequel tratti dalle opere di Jane Austen, è un successo di pubblico ancora prima di essere apparso nelle librerie - e considerato lo straordinario talento dell'autrice i lettori non ne resteranno di certo delusi. Ve ne parlerò, credo, già nel prossimo post; la versione ebook è già disponibile, e l'ho scaricata questo stesso pomeriggio : )
Il primo giallo di P.D. James, Cover Her Face (Copritele il volto), fu pubblicato nel 1962, e registrava già la presenza del personaggio che resterà per sempre legato al nome della scrittrice (come Poirot per Christie, Holmes per Conan Doyle, Maigret per Simenon o Marlow per Chandler), il comandante Adam Dalgliesh di Scotland Yard. Dalgliesh è un detective sommamente intelligente, ma dotato anche di una inusitata sensibilità e gentilezza nei confronti delle reazioni umane all'assassinio; è un poeta (pubblicato), un'anima venata da una costante malinconia - la moglie è morta di parto ed egli riesce difficilmente ad avvicinarsi ad un'altra donna, anche a causa del proprio lavoro -, un ricco gentiluomo che guida una Jaguar e alla fine del servizio si rintana nel proprio inviolabile rifugio, un elegante appartamento della City affacciato sul Tamigi. 
Anche Londra, e in senso lato il paesaggio inglese, sono aspetti significativi della narrativa di P.D. James. In taluni romanzi la grande città è una protagonista così appassionatamente descritta di tali e tanti passaggi del racconto da diventare a sua volta un personaggio, quasi dotato di una propria essenza vitale. Il libro che sto leggendo in questi giorni, La stanza dei delitti (Murder Room, 2003; il dodicesimo giallo di Adam Dalgliesh), è particolarmente espressivo nella sua celebrazione metropolitana: ho sottolineato passi che starebbero bene nell'altro resoconto di Londra di un altro James di cui ho trattato nel post precedente. "[I]l sogno di Londra era rimasto. Dall'adolescenza in poi si era fatto più forte e aveva assunto la solidità del mattone e della pietra, il riverbero della luce del sole sul fiume, la solennità degli ampi viali e l'angustia delle strette viuzze che portavano a cortili seminascosti. [...] Lei pensava a Londra come un navigante potrebbe pensare al mare: era il suo elemento naturale ma aveva un potere che incuteva timore e lo affrontava con guardinga cautela e rispetto."
I gialli di P.D. James che trattano delle indagini di Adam Dalgliesh sono, in ordine cronologico:
1962 - Copritele il volto (Cover Her Face)
1963 - Una mente per uccidere (A Mind to Murder)
1967 - Per cause innaturali (Unnatural Causes)
1971 - Scuola per infermiere (Shroud for a Nightingale)
1975 - La torre nera (The Black Tower)
1977 - Morte di un medico legale (Death of an Expert Witness)
1986 - Un gusto per la morte (A Taste for Death)
1989 - Una notte di luna per l'ispettore Dalgliesh (Devices and Desires)
1994 - Morte sul fiume (Original Sin)
1997 - Una certa giustizia (A Certain Justice)
2001 - Morte in seminario (Death in Holy Orders)
2003 - La stanza dei delitti (The Murder Room)
2005 - Brividi di morte per l'ispettore Dalgliesh (The Lighthouse)
2008 - La paziente privata (The Private Patient)
E per gli amanti del giallo puro, quello che non nasconde la mancanza di idee dietro le indulgenze nel sangue e nelle viscere sul lettino dell'anatomopatologo, sono libri eccezionali.