29 agosto 2018

Incontro in Egitto

A ogni nuova lettura, Penelope Lively mi piace di più (ho consigliato due suoi libri anche ai miei studenti, per l’estate). In questo blog ho scritto, con grande entusiasmo, di L’estate in cui tutto cambiò, Amori imprevisti di un rispettabile biografo, È iniziata così e Un posto perfetto, e oggi tocca a Incontro in Egitto (sempre edizione Guanda, trad. it. di Gaspare Bona). 
Come spesso accade nei libri di Lively, Incontro in Egitto (vincitore del Booker Prize nel 1987) si dedica alla rappresentazione del valore del Tempo nella vita dell’essere umano. Il Tempo, entità fluida e inafferrabile, intonata dal caos, orchestrata dal destino, che ci invita a riflessioni profondissime e spesso sconcertanti sulla nostra esistenza e sulla differenza tra realtà e non-realtà, su un oggi che è, misteriosamente, un livello di percezione intercambiabile con il passato e con altri infiniti piani di verità. 
Il libro racconta, attraverso una molteplicità di io narranti che ci permette subito di cogliere la necessità di una realtà non assoluta, la storia di Claudia, un’anziana donna in punto di morte che torna indietro nel tempo e ci presenta la sua vita. Claudia, ex reporter di guerra, ha una personalità forte, voluminosa, a volte eccessiva, scevra di compromessi e di ipocrisie. È una donna che si è occupata di storiografia e che ha dovuto meditare a lungo sulla natura del Tempo, sul significato e sulla funzione della figura dello storico e sul suo rapporto con il Vero, sulla potenza del linguaggio e infine, e dunque, su se stessa: «Non c’è cronologia nella mia testa. Sono fatta di una miriade di Claudie che vorticano e si mescolano e si dividono come scintille di sole sull’acqua»; «Quando voi e io parliamo di storia, ci occupiamo forse di ciò che è realmente avvenuto? Del caos cosmico in ogni luogo e in ogni tempo? No, parliamo di come tutto ciò viene ordinato nei libri […]. La storia si dipana; le circostanze, per naturale inclinazione, preferiscono rimanere aggrovigliate»; «il tempo e l’universo sono sparpagliati nelle nostre menti. Siamo storie del mondo assopite». 
Penelope Lively (The Guardian)
Tra i tanti episodi della vita di Claudia, quello centrale è il suo “incontro in Egitto” durante la seconda guerra, che la costringe a mettersi a confronto con la barbarie della battaglia, la decadente ideologia del colonialismo, la bellezza sfiancante del deserto e la potenza trascinante dei sentimenti. Le parole che Lively, nativa di Il Cairo, usa per descrivere l’Egitto – ultimo balenio dell’impero britannico – sono seduttive, colme di struggimento: «Nel ricordo non c’è che la spalla bassa e lunga della collina fulva che domina la Valle dei Re, dietro alla quale s’inabissa il sole fra pennellate d’oro, di rosa e di turchese. La mite sera egiziana risuona del tintinnio del ghiaccio nei bicchieri, dello sciabattare dei camerieri sulla terrazza di pietra dell’albergo, del brusio di voci, delle risate: suoni di cento altre serate». Questo libro è davvero bellissimo: uno di quei romanzi traboccanti di umanità, che ti rendono felice e orgogliosa di essere una lettrice.

14 agosto 2018

Storie d'Irlanda - Lissadell House

Sono tornata da poco da un magnifico viaggio in Irlanda, dove ho visitato le contee che non avevo attraversato nel corso del mio primo tour, tredici anni fa: il Nord, Donegal, Sligo e Mayo. L’Irlanda, si sa, è un paese che ovunque trasuda letteratura, leggende e poesia, e ogni villaggio, ogni brughiera, ogni staccionata e ogni curva della strada evocano narrazioni dalle quali è difficile non lasciarsi incantare. Un racconto, in particolare, mi ha affascinato nel corso di questo viaggio. È il racconto di una dimora e di due sorelle indomite, la cui vita è stata densa di fatti come un romanzo, e anzi, molto di più, perché si è innestata dentro la Storia. 
Foto: IpsaLegit 2018
La casa si chiama Lissadell House, nella contea di Sligo. L’ho visitata sulla scia dell’istinto – non era citata nella mia Lonely Planet – durante una mattina di pioggia che poi si è aperta in un mezzogiorno assolato. La visita è stata guidata da una bravissima accompagnatrice in abiti e acconciatura del primo Novecento, che ci ha condotti in un lungo giro da una sala all’altra (perfettamente conservate e riccamente adornate grazie alla famiglia che ha acquistato la casa e l’ha salvata dalla rovina), lasciandoci ammirare gli arredi, le fotografie e i dipinti appesi alle pareti. E mentre contemplavamo le stanze, la giovane guida ci raccontava, in prima persona (“My name is Eva Gore-Booth”), le vicende delle sorelle Gore-Booth, Eva e Constance, scrittrici, artiste, portavoce del movimento per la rivendicazione dei diritti delle donne e amiche di W.B. Yeats, che a Lissadell trascorse numerosi e amatissimi soggiorni. 
Eva è la meno nota delle due sorelle Gore-Booth. Nata a Lissadell nel 1870, era una ragazza gentile, pacifica, dotata di una forte spiritualità che esprimeva nel disegno e nella poesia. Fu una suffragista, ma decise di opporsi alla violenza come mezzo di lotta politica. Durante un soggiorno in Italia, a Bordighera, incontrò Esther Roper, con la quale trascorse il resto della sua vita. A Lissadell ho trovato un libricino che contiene i disegni e le poesie di Eva, tra le quali alcune sono dedicate proprio a Esther e molte all’abbraccio della natura che circonda la casa. Ho trovato bella e suggestiva The Hidden Beauty e in particolare la sua prima strofa: 

I have sought the Hidden Beauty in all things, 
In love, and courage, and a high heart, and a hero’s grave, 
In the hope of a dreaming soul, and a seagull’s wings, 
In twilight over the sea, and a broken Atlantic wave, 
I have sought the Hidden Beauty in all things.
(Eva Gore-Booth. Her Poetry & Sketches, Lissadell Press 2017, p. 58). 

Eva e Constance
Della sorella di Eva, Constance, le vicende sono più conosciute, perché con il titolo e il cognome presi dal marito, Contessa Markievicz, la donna fu una delle protagoniste dell’evento che diede il via alla rivoluzione per l’indipendenza irlandese: la sollevazione di Pasqua del 1916. Constance fu una giovane brillante, energica, appassionata e studentessa di belle arti alla Slade School di Londra. Il suo primo coinvolgimento attivo nella politica coincise con l’affermazione del movimento delle Suffragette, ma il suo nome è rimasto scritto nella Storia soprattutto per il suo indefesso lavoro e la sua generosità nei confronti dei poveri di Dublino e per la parte attiva svolta durante l’insurrezione di Pasqua. In quei giorni d’aprile del 1916 Constance era uno degli ufficiali del Irish Citizen Army: si barricò nel parco di St. Stephen’s Green insieme ai ribelli che lottavano contro l’esercito inglese, fu catturata e condannata a morte come gli altri capi della rivolta, ma in quanto donna la sua sentenza fu commutata in ergastolo. Le sue testimonianze (anche in versi) della carcerazione sono documenti importanti e illuminanti, ma di particolare bellezza restano le lettere che dalla prigione Constance scambiò con la sorella Eva. Un anno dopo la condanna, Constance fu rilasciata, ma il suo impegno politico non si concluse: fu la prima donna a essere eletta nel Parlamento britannico (ma rifiutò il seggio per protesta) e la prima a servire come deputata nel neonato Parlamento irlandese. Quando morì, nel 1927, al corteo per il suo funerale, che si snodò tra le strade di Dublino, parteciparono trecentomila persone. Nell’ottobre di quell’anno, W.B. Yeats scrisse In Memory of Eva Gore-Booth and Con Markievicz, in ricordo delle due sorelle scomparse (Eva era morta l’anno precedente), che celebra così: 
Foto: IpsaLegit 2018

The light of evening, Lissadell 
Great windows open to the south, 
Two girls in silk kimonos, both 
Beautiful, one a gazelle. 
[...]
Dear shadows, now you know it all, 
All the folly of a fight 
With a common wrong or right. 
The innocent and the beautiful 
Have no enemy but time.