29 giugno 2011

S'alza il vento

Le Isole Shetland a tardissima sera.
Foto di Mara Barbuni (2009)
In giornate dal calore insopportabile come questa ho sempre il desiderio che si alzi il vento. Un vento da nord, freddo e secco, che scacci le opprimenti bolle di calura e restituisca alle cose i loro naturali contorni. Nelle giornate ventose, in qualunque momento dell'anno, l'immagine che cogliamo del mondo è meglio definita, i colori sono più brillanti, le acque dei canali sembrano rinvigorirsi, e il fogliame degli alberi, scosso dall'aria in moto, ci restituisce un senso di vita, di progresso, di proiezione verso il miglioramento. Il vento mi riempie di entusiasmo, di allegria e di prospettive; e come mi piace espormi alla sua forza, così è bello sentire raccontare il suo impeto nelle storie che leggo. The French Lieutenant's Woman di Fowles, Sylvia's Lovers di Gaskell, Remarkable Creatures di Tracy Chevalier, Moby Dick di Melville e tanti altri racconti di terra e di mare hanno legato indissolubilmente l'infuriare del vento ad un bruciante e sublime romanticismo (teorico, naturalmente, non sentimentale) e dunque con l'idea dell'ancestrale tenacia e del titanismo dell'essere umano, che gode della potenza degli elementi poiché in essa ritrova la propria grandezza, il proprio afflato alla sopravvivenza. Ed è proprio nella tragedia che la sua resistenza trionfa, eticamente ed esteticamente: perché come Heathcliff nelle Cime tempestose di Emily Brontë, anche nel cuore della sciagura l'uomo viene nobilitato dall'empito delle sue passioni. 

27 giugno 2011

Donne e suspense

Su http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_female_detective/mystery_writers si trova un ben articolato elenco di nomi di donne che hanno dedicato la loro scrittura, o parte di essa, al racconto del mistero. Gialli o detective stories, sensational novels o letteratura di sensazione, horror o storie gotiche, arcani, enigmi, delitti hanno impegnato la penna delle donne sin dal momento in cui - più o meno intorno alla fine del Settecento - le signore hanno iniziato a rivendicare il loro legittimo posto nel consorzio degli scrittori di fama: un momento che è coinciso, in effetti, con la vera e propria nascita del romanzo (una teoria, questa, ormai assodata, ma introdotta dagli interventi dei gender studies in opposizione al pilastro critico di Ian Watt, The Rise of the Novel, secondo cui la fiction inglese fu avviata dal triumvirato Defoe, Richardson, Fielding). Ann Radcliff, la popolare autrice di The Mysteries of Udolpho (1794), aprì il diciannovesimo secolo a un vero esercito di donne impegnate nel racconto della paura, da Mary Shelley a Elizabeth Braddon; ma è il Novecento ad assistere ad una vera proliferazione di female mystery writers
La mia sensazione è che questo fenomeno così clamoroso, e ben definito nella cronologia e nello stile, sia da ascrivere alla particolare e di certo inedita struttura storica e sociale del secolo. Le due guerre mondiali hanno trasformato l'Occidente sotto ogni aspetto, alterando anche i ruoli tradizionalmente attribuiti all'uomo e alla donna. In assenza dei padri, fratelli, mariti, per la maggior parte lontani per i combattimenti o, se reduci, invalidi o psichicamente disadattati, le donne occuparono in questo periodo tutte le posizioni vacanti della società, non eccettuata quella della produzione letteraria di intrattenimento. Erano anni di generale privazione e di latente paura della morte; e le donne, percependo anche restando a casa la precarietà dell'esistenza, fecero entrare la violenza, le uccisioni e il terrore fra le quattro mura delle loro casette di città o delle loro imponenti dimore di campagna. Gli omicidi al fronte, perpetrati con le baionette, i fucili, i cannoni e le granate, assumono agli occhi delle donne la forma del delitto borghese, compiuto all'arma bianca o, ancora più frequentemente, per mezzo del veleno. In definitiva, tra gli anni Venti fino agli anni Cinquanta (con la conseguente propaggine delle storie spionistiche in piena Guerra Fredda), le storie criminose femminili sembrano avere l'effetto di raccontare, senza alcuna reticenza, l'ingombrante e feroce presenza della morte nella vita quotidiana di chi rimane a casa, ad aspettare gli esiti di una guerra combattuta altrove. La brutalità è qui nascosta dietro i volti imbellettati delle padrone di casa, gli abiti fruscianti, la rarefatta eleganza - ma è dominante, e causa vischiosi spargimenti di sangue, membra gonfie e bluastre, occhi sbarrati nell'orrore, e i numerosi altri segni della morte. Del tutto uguali a quelli della trincea. 

21 giugno 2011

Misteri al femminile

Torno all'argomento della scrittura "gialla" femminile intitolando questo post con la stessa etichetta che ho dato a una delle cartelle più affollate del mio Kindle.
Le donne, si diceva, sembrano essere particolarmente propense a scrivere di delitti e di enigmi irrisolti: Agatha Christie è solo un esempio eclatante del genere. Dopo aver finito il suo Poirot e la salma, ho iniziato Per amore di Elena, di Elizabeth George, recentemente ripubblicato in Italia con un diverso titolo (e chissà perché), Corsa verso il baratro. L'ho appena iniziato, ma già mi pare un libro eccellente: agli elementi classici della letteratura del delitto, infatti, questa storia aggiunge anche l'ambientazione accademica (Cambridge), che la rende ancora più accattivante. Elizabeth George è una maestra del giallo contemporaneo best seller - una sorta di Jessica Fletcher, verrebbe da dire -; la mia cartella di Kindle è ben fornita dei suoi romanzi, tra cui il crudo Scuola omicidi, che ancora una volta vede svolgersi un omicidio nella cornice di un prestigioso collegio.
La medesima coniugazione tra morti sospette e scuole di lusso si ritrova in Macabro quiz della stessa Christie, in Assassinio all'università (opera di un uomo, Thomas Kyd), edito da Polillo nella magnifica collana "I bassotti" dedicata all'età d'oro del giallo, e nell'incredibile La scuola dei desideri di Joanne Harris - un vero capolavoro di suspense.
Tra le altre autrici della mia cartella ci sono le altrove citate P.D. James e Anna Katharine Green, ma non può naturalmente mancare la più clamorosa capostipite del giallo femminile, la vittoriana Mary Elizabeth Braddon, che della letteratura di sensazione fece la propria cifra stilistica e la fonte di una fama straordinaria. Della sua penna merita certamente di essere letto il celebre Lady Audley's Secret, un'arguta storia gotica dal fascino irresistibile.
Questo per quanto concerne una brevissima lista di nomi; in un prossimo post cercherò di pensare ai motivi che si celano dietro una scelta di genere così netta da parte di un genere così definito - la parte femminile della letteratura occidentale.


20 giugno 2011

Porte, finestre, giardini

Isle of Skye. Foto di Mara Barbuni (2009)
Foto di Mara Barbuni
Passeggiando per la mia e per altre città tendo spesso ad alzare gli occhi verso le facciate dei palazzi più antichi, ampie e possenti pareti in mattoni o in pietra, e ad osservare con curiosità gli usci pesanti e i balconi fioriti. Non è un caso: mi sono accorta infatti di essere irresistibilmente attratta dalle storie in cui compaiono porte misteriose, ingressi socchiusi verso spazi silenziosi e sconosciuti, finestre adornate da edere rigogliose, sconfinati giardini inframezzati da passaggi, scalinate, archi, angoli nascosti. I romanzi di Kate Morton non mancano mai di questi elementi; e il paesaggio della Gran Bretagna trova in questi tratti architettonici o topografici la sua vera identità (le immagini sono state scattate ai Giardini dell'Isola di Skye, in Scozia). Dev'essere per questo che non posso fare a meno di tornarci.

18 giugno 2011

Estate... tempo di delitti

Che io ami smodatamente la lettura è un fatto. Che non possa privarmene in nessun periodo dell'anno è un fatto. Ma che l'estate sia il momento in cui ci si senta persino giustificati ad accantonare qualsiasi altra attività per sprofondare tra le pagine di un libro (anche elettronico) è una certezza. Le giornate dalla luce che indugia fino a tarda sera, il desiderio di inoperosità dettato dal caldo delle ore pomeridiane, il silenzio della città semivuota, la mente riposata che favorisce l'immaginazione sono sollecitazioni irresistibili; e talvolta non si aspetta altro che aver concluso le proprie quotidiane faccende per potersi scegliere l'angolo più comodo del divano, del tè freddo a portata di mano, e dimenticare il mondo reale per immergersi in quello magico della finzione.
Non c'è dubbio, poi, che le letture più adeguate per un simile clima di indolenza siano le detective stories, i "gialli", come si chiamano in italiano per via della scelta grafica delle copertine dei polizieschi pubblicati da Mondadori a partire dagli anni Trenta. Il giallo è sicuramente una delle mie forme letterarie preferite, anche se non sono attirata da tutti i suoi sottogeneri - anzi, come al solito sono abbastanza difficile da accontentare. In generale, non amo il poliziesco d'azione, né le storie che eccedono di sangue e violenza (non sono un'amante di Stieg Larsson, per esempio), né il filone anatomopatologico alla Patricia Cornwell. 
Sono invece una  fan della più classica delle narratrici del giallo, la geniale Agatha Christie, e in particolare del suo Poirot. L'immagine in alto è la copertina del romanzo d'esordio dell'investigatore belga, tradotto in italiano in Poirot a Styles Court, che è una fra le migliori di tutte le opere di Christie. La facilità con cui ci si può letteralmente perdere nelle storie della scrittrice inglese più tradotta nel mondo (anche più di Shakespeare!) è dovuta a numerosi fattori, i più importanti dei quali mi sembrano essere: la forte caratterizzazione di tutti i personaggi; la magnificenza del setting, che spesso è la campagna inglese; l'imprevedibilità del plot; l'equità del delitto, che nella maggior parte dei casi tocca famiglie aristocratiche, o comunque abbienti; un certo sentore di malinconia diffusa, che contraddistingue i personaggi meglio riusciti (forse i preferiti dell'autrice) e anche Poirot stesso (per cui lo preferisco a Miss Marple), e che è dovuto sicuramente al momento storico (la guerra mondiale) e culturale (il postmodernismo). 
Agatha Christie, naturalmente, non è l'unica donna ad essersi cimentata con la detective fiction o con le storie di omicidi; anzi, sembra che questo tipo di scrittura sia risultato particolarmente consono alla penna femminile. Ne parlerò in un prossimo post : )


14 giugno 2011

Il gusto proibito dello zenzero

In questi giorni sto leggendo Il gusto proibito dello zenzero di Jamie Ford. È un libro che invita a una forte partecipazione emotiva, perché narra di una fase della storia americana che solo marginalmente trova posto nelle cronache della seconda guerra mondiale. Tratta infatti dell'odio, dell'emarginazione, della violenza razzista e in ultima istanza del sistematico rastrellamento e poi internamento della popolazione di origine giapponese dopo Pearl Harbor. Nonostante la crudeltà del momento storico, il tono è lieve e la scrittura molto ben controllata, e questa delicatezza, resa possibile dalla prospettiva del flashback, pare rendere ancora più insopportabile l'accettazione degli eventi. Questa tecnica, ovvero il resoconto della tragedia attraverso l'ottica della narrazione familiare, spesso guidata dal punto di vista dei bambini, è comune ad altri due straordinari libri che hanno per oggetto (o soggetto) giovani individui costretti a subire l'atrocità del pregiudizio razziale. L'uno, il più dolce, è Il muro invisibile di Harry Bernstein (storia di una famiglia ebrea ostracizzata in una città inglese). L'altro è un vero capolavoro dei tempi recenti, Il tempo di una canzone (The Time of our Singing) di Richard Powers. Qui l'arco temporale è molto esteso, toccando i limiti degli anni Quaranta e della fine del XX secolo. Ed è proprio l'idea  del tempo a gestire l'evoluzione del racconto. Il tempo è inteso come il tema degli studi sulla relatività fisica del padre dei protagonisti (una vera "sostanza", che lascia spazio a un meraviglioso colpo di scena finale), ma è anche la materia della musica, che è forse il personaggio più importante. La musica domina le pagine, rievocata da un linguaggio fortemente tecnico e da una forte nostalgia per le sue (varie) età dell'oro. Talmente forte e presente è la trattazione del tema musicale che la descrizione del sottofondo razzista passa quasi in secondo piano. Ma la famiglia dell'io narrante è mezzo ebrea e mezzo afroamericana, perciò la questione è viva, è presente, è cruciale.
E lo stesso avviene nel racconto di Ford, in cui lo struggente ricordo dell'amicizia tra un cinese e una giapponese a Seattle nel 1942 è accompagnato dai ritmi permeanti dello swing e del jazz.
Due libri da leggere, da assaporare, decisamente da ascoltare; per riandare con i pensieri ad una faccia forse poco rievocata dell'America, ma che è parte della sua identità, e fondamento quindi dei suoi aneliti alla riscossa civile.

5 giugno 2011

Ipsa scripsit

Ieri ho scritto l'ultima riga della mia storia. E' stato un momento emozionante, che da una parte mi ha dato il sollievo di quando si raggiunge la fine di un lungo percorso, dall'altra mi ha fatto dispiacere per il fatto di congedare dei personaggi che mi hanno accompagnata per più di due anni, e ai quali mi ero persino un po' affezionata.
E' la prima volta che scrivo un racconto così lungo - sono uscite quasi trecento pagine. Di solito mi limitavo a qualche cartella, soprattutto per adeguarmi alle regole dei concorsi per racconti brevi ai quali ho partecipato. In questo caso, invece, ho scritto solo per creare un piccolo mondo, per dar vita a persone e a luoghi ispirati per qualche sfumatura alla realtà ma infine frutto della mia fantasia. Ne è uscita una narrazione più articolata di quanto avrei creduto all'inizio, ed ora che è finita e che mi accingo a rileggerla spero di ricavarne un senso di soddisfazione e di compiutezza. Chissà se sarà all'altezza di essere mandata a una casa editrice... sono troppo grande per coltivare certi sogni? : )
La storia ha per oggetto il più tradizionale degli archetipi occidentali: si tratta infatti di una quest, e in particolare della ricerca della soluzione di un enigma di natura storica e letteraria. Data la mia passione e la mia formazione, la letteratura non poteva che giocare un ruolo di primo piano! Non si dice forse che bisognerebbe sempre e solo scrivere di ciò che si conosce? 
Nei prossimi giorni mi occuperò insomma della lettura di qualcosa che ho scritto io. Considerando che sono un critico abbastanza feroce, spero di non stroncarmi da sola...
E magari forse, un giorno, il mio racconto occuperà il tempo anche di qualche altro lettore : )
D'altronde, "se sognare un poco è pericoloso, la sua cura non è sognare meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo." (Marcel Proust)