27 giugno 2011

Donne e suspense

Su http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_female_detective/mystery_writers si trova un ben articolato elenco di nomi di donne che hanno dedicato la loro scrittura, o parte di essa, al racconto del mistero. Gialli o detective stories, sensational novels o letteratura di sensazione, horror o storie gotiche, arcani, enigmi, delitti hanno impegnato la penna delle donne sin dal momento in cui - più o meno intorno alla fine del Settecento - le signore hanno iniziato a rivendicare il loro legittimo posto nel consorzio degli scrittori di fama: un momento che è coinciso, in effetti, con la vera e propria nascita del romanzo (una teoria, questa, ormai assodata, ma introdotta dagli interventi dei gender studies in opposizione al pilastro critico di Ian Watt, The Rise of the Novel, secondo cui la fiction inglese fu avviata dal triumvirato Defoe, Richardson, Fielding). Ann Radcliff, la popolare autrice di The Mysteries of Udolpho (1794), aprì il diciannovesimo secolo a un vero esercito di donne impegnate nel racconto della paura, da Mary Shelley a Elizabeth Braddon; ma è il Novecento ad assistere ad una vera proliferazione di female mystery writers
La mia sensazione è che questo fenomeno così clamoroso, e ben definito nella cronologia e nello stile, sia da ascrivere alla particolare e di certo inedita struttura storica e sociale del secolo. Le due guerre mondiali hanno trasformato l'Occidente sotto ogni aspetto, alterando anche i ruoli tradizionalmente attribuiti all'uomo e alla donna. In assenza dei padri, fratelli, mariti, per la maggior parte lontani per i combattimenti o, se reduci, invalidi o psichicamente disadattati, le donne occuparono in questo periodo tutte le posizioni vacanti della società, non eccettuata quella della produzione letteraria di intrattenimento. Erano anni di generale privazione e di latente paura della morte; e le donne, percependo anche restando a casa la precarietà dell'esistenza, fecero entrare la violenza, le uccisioni e il terrore fra le quattro mura delle loro casette di città o delle loro imponenti dimore di campagna. Gli omicidi al fronte, perpetrati con le baionette, i fucili, i cannoni e le granate, assumono agli occhi delle donne la forma del delitto borghese, compiuto all'arma bianca o, ancora più frequentemente, per mezzo del veleno. In definitiva, tra gli anni Venti fino agli anni Cinquanta (con la conseguente propaggine delle storie spionistiche in piena Guerra Fredda), le storie criminose femminili sembrano avere l'effetto di raccontare, senza alcuna reticenza, l'ingombrante e feroce presenza della morte nella vita quotidiana di chi rimane a casa, ad aspettare gli esiti di una guerra combattuta altrove. La brutalità è qui nascosta dietro i volti imbellettati delle padrone di casa, gli abiti fruscianti, la rarefatta eleganza - ma è dominante, e causa vischiosi spargimenti di sangue, membra gonfie e bluastre, occhi sbarrati nell'orrore, e i numerosi altri segni della morte. Del tutto uguali a quelli della trincea.