8 agosto 2020

Letture di un viaggio in Sicilia

In queste settimane, come sempre avviene d’estate, sto leggendo molto. Sto leggendo in modo piuttosto disordinato, scegliendo solo i titoli che mi suggerisce l’istinto, o che mi sono ispirati dalle uscite o dalle occasioni speciali. Tra i vari libri che mi hanno fatto compagnia ci sono stati L’inverno più nero di Carlo Lucarelli (Einaudi: una delle indagini del suo commissario De Luca, che ha il particolare pregio di mostrarci la più oscura ruvidezza di una Bologna in mano al nazifascismo) e, a un polo decisamente opposto, Fragole selvatiche di Angela Thirkell (Astoria: una specie di commedia romantica dell’Inghilterra del primo Novecento, notevole più che altro per la vividezza del ritratto dei rapporti sociali e per certi picchi di ironia). 
Lo scrittoio di Salvatore Quasimodo a Modica
Come succede con ogni viaggio, una vacanza in Sicilia mi ha offerto tantissimi spunti di ispirazione per nuove letture. Ho iniziato con un grande classico, che dopo aver semplicemente sfiorato al liceo (nella forma di un paio di brani tratti dall’antologia) non avevo più ripreso in mano: mi riferisco, naturalmente, al sontuoso Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Tra i vari passi che ho segnato sulla mia edizione Feltrinelli, acquistata per l’occasione in una libreria di Noto, una descrizione del giardino della dimora del Principe, tanto diversa dai giardini più freddi e pieni di vitalità a cui mi hanno abituata le mie letture inglesi: “Nel fondo una flora chiazzata di lichene giallonero esibiva rassegnata i suoi vezzi più che secolari; ai lati due panche sostenevano cuscini ravvoltolati e trapuntati, anch’essi di marmo grigio, e in un angolo l’oro di un albero di gaggìa intrometteva la propria allegria intempestiva. Da ogni zolla emanava la sensazione di un desiderio di bellezza presto fiaccato dalla pigrizia”. 
Tra le varie tappe del tour della regione ho avuto l’opportunità di visitare due fondamentali siti della letteratura italiana: la villa di Luigi Pirandello, appena fuori Agrigento (con il suggestivo angolo del parco dove il tronco di un pino sorveglia le ceneri del drammaturgo), e l’ancor più attraente casa natale di Salvatore Quasimodo a Modica. In questa piccola dimora abbarbicata in cima alla scalinata che sale dal centro della città barocca ci si muove a stento: sono tre stanze, ma sono dense del senso della scrittura. Lo studio, in particolare, ha come assorbito il lavoro del poeta, e sullo scrittoio imbevuto della luce che passa dalle finestre la macchina da scrivere, la penna, il calendario e le boccette d’inchiostro ben allineate hanno l’aria di racchiudere il segreto della fatica della letteratura. Sul tavolo sono stati sistemati anche i libri degli autori che Quasimodo ha contribuito a rendere celebri nel nostro paese grazie alle sue traduzioni: spiccano i lirici greci e Shakespeare, infilati con ordine in un portadocumenti. 
Un’ultima corrispondenza letteraria l’ho cercata l’ultimo giorno del viaggio, tornando verso Catania: sotto un sole rovente sono scesa al porto di Aci Trezza, dove gettava l’ancora la Provvidenza dei Malavoglia, e sono poi salita alla loro leggendaria casa del nespolo.

Aci Trezza, il porto (in alto: la casa del nespolo)