13 gennaio 2015

Emma di Jane Austen

Tra i libri che hanno accompagnato il transito dall’anno vecchio a quello nuovo c’è Emma di Jane Austen. Ancora con questa Jane Austen, penserà qualcuno. È vero, l’argomento è ricorrente, e ammetto che a volte, scartabellando le pagine di internet, una certa stanchezza la provo persino io. L’impressione generale, purtroppo, è che Austen sia presa in considerazione e amata per cose che non hanno niente a che vedere con il suo essere una scrittrice. Abbondano, come fiumi di melassa, fenomeni di adorazione che fanno di lei una sorta di soggetto religioso; si trattano i suoi personaggi come obiettivi di gigantesco affetto o di velenosi strali (neanche fossero colleghi di lavoro o dirimpettai); l’epoca descritta nelle sue storie suscita una paradossale nostalgia; ma solo in pochi si fermano a considerare la pura bellezza dei romanzi in questione. In Ipsa Legit ci sforziamo invece di tener conto del valore puramente letterario di questi libri immensi – siano essi a lieto fine o ammantati di tristezza, popolati di eroi o di inetti, luminosi o privi di speranza. 
Torniamo dunque ad Emma, un romanzo sulla cui grandezza come opera d’arte vale sempre la pena di ricominciare a parlare. Se è vero che dal punto di vista della trama la storia può sembrare poco consistente, questo romanzo ha la «qualità perenne» di un classico e la sua forza, secondo me, è data dalla sua stratificazione.
Come una superficie rocciosa che vediamo piana e composta e che poi, in taluni punti, corrugandosi ed emergendo, ci mostra i suoi strati più profondi, così Emma ci appare a una prima occhiata un romanzo comico, ma con un po’ di attenzione può rivelare tante pieghe nascoste. Sulla bonaria comicità di Miss Bates non serve spendere parole; su quella del personaggio di Harriet Smith ho scritto qualcosina sul sito di JASIT (http://www.jasit.it/comicita-il-tuo-nome-e-harriet/); ma quali sono gli altri piani di lettura che meritano di essere presi in esame? 
In primo luogo il piano linguistico: Emma è un capolavoro di stile in cui il linguaggio assume molteplici connotazioni psicologiche e narrative (mi sto occupando da un po’ di tempo di questo aspetto, e ne scriverò più compiutamente in futuro). In secondo luogo il piano del delicato gioco tra verità e dubbio, che a mio modo di vedere rimuove questo romanzo dall’epoca illuminista per proiettarlo verso una temperie pienamente ottocentesca (su questo soggetto ho scritto un articolo che sarà pubblicato il prossimo febbraio nel primo numero di Due pollici d’avorio, la rivista della Jane Austen Society of Italy). Il rapporto tra realtà e immaginazione, e in senso lato, tra il mondo e l’Io, è determinato da una supremazia dell’individuo e del suo pensiero sui fenomeni esterni – una posizione kantiana, potremmo dire, e in progressione verso il Romanticismo, rappresentata emblematicamente da questo passo: 
Illustrazione di C.E. Brock
«Emma andò alla porta, per svagarsi. Non si poteva sperare granché neppure dal traffico del quartiere più affaccendato di Highbury: il signor Perry che passava di fretta, il signor William Cox che entrava in ufficio, i cavalli del signor Cole che rientravano dalla passeggiata il ragazzo delle lettere che girovagava in groppa a un mulo ostinato erano i soggetti più animati che ella poteva aspettarsi di vedere, e quando i suoi occhi caddero sul macellaio col suo vassoio, su una linda vecchietta che tornava dalla spesa col suo cesto pieno, su due cani che si contendevano un sudicio osso, e su una frotta di bambini ciondolanti intorno alla vetrinetta del fornaio, occhieggiando il panpepato, seppe di non aver ragione di lamentarsi, e si divertì; si divertì quanto bastava per fermarsi su quella porta. Una mente agile e serena si accontenta del non vedere niente, e non vede niente che non la appaghi» (Emma, cap. 27). 
Benché il mondo fenomenico di Highbury non offra alcuno svago “reale”, la mente di Emma è così «agile» da compensare alla sua piattezza con la propria facoltà poietica, creativa. 
Un altro piano di lettura davvero attraente di questo romanzo è quello della spazialità: il dentro e il fuori sono infatti categorie fondamentali per la comprensione di Emma. Come si è detto spesso, in quest’opera Austen ha rappresentato con grande efficacia la Englishness, ovvero il senso di appartenenza ad un preciso contesto culturale e geografico squisitamente “inglese”. Il concetto English/England vi ricorre più che in qualsiasi altro romanzo e nell’episodio della raccolta delle fragole («il frutto migliore che ci sia in Inghilterra», cap. 42) Donwell Abbey ne diventa la rappresentazione concreta: «Era una vista molto attraente, attraente sia per l’occhio sia per lo spirito. Vegetazione inglese, coltivazione inglese, agiatezza inglese, vedute sotto un sole che sfavillava senza essere opprimente» (cap. 42, trad. it. di Mario Praz). 
Illustrazione di C.E. Brock
Il centro del villaggio di Highbury, Hartfield e Donwell Abbey – sia nella sua conformazione geografica sia nell’animo del suo proprietario, Mr. Knightley – costituiscono la categoria del dentro, della regolarità e della sicurezza; ma sono numerose le ingerenze che da fuori minacciano di turbare la loro serenità. L’episodio dell’assalto degli zingari è il più rappresentativo, ma non dimentichiamo che Emma frequenta quotidianamente degli outsider: i suoi più gravi errori di valutazione, nonché i suoi più clamorosi scivoloni comportamentali, derivano proprio dal suo accompagnarsi ad Harriet, che, come sappiamo, è “figlia di nessuno”, e a Frank Churchill, un giovanotto che non sta mai fermo, irrequieto, che si sposta costantemente, da Weymouth allo Yorkshire, da Richmond a Highbury e non vede l’ora di viaggiare e di andarsene all’estero («“Sono stufo marcio dell’Inghilterra”», cap. 42). Non è un caso che Mr. Knightley, il rappresentante di ciò che significa dentro, se la prenda tanto quando gli viene riferito che Frank si è recato fuori, a Londra, solo per farsi tagliare i capelli…. 
Risfogliando la mia edizione (quella della foto) mi accorgo di aver sottolineato innumerevoli passi, dialoghi, descrizioni. Ma questo post è già così sostanzioso che per altre riflessioni su Emma ci ritroveremo in una prossima puntata ☺