Fuori c'è un caldo insopportabile, ma nelle ore che ho
trascorso leggendo Romancing Miss Brontë di Juliet Gael (TEA) mi è sembrato
quasi di non sentirlo. Le pagine sono finestre sul clima tempestoso dello
Yorkshire e lasciano passare il profumo dei pascoli e dei prati d'erica e i
venti impetuosi che fanno volare i cappelli e si oppongono ai passi dei
camminatori. E' un libro bellissimo, di grande forza emotiva, di quelli che vanno letti una seconda, una terza volta. Le sorelle
Brontë sono ritratte vividamente, sono personaggi che fuoriescono dalla carta
portandosi dietro sprazzi dei paesaggi che le contraddistinguono e le
diversificano l'una dall'altra: Charlotte e la sua Londra degli editori, Anne e
la pace della canonica, Emily e i tormenti della brughiera. E insieme
all'immagine di tutte loro al lettore si presentano scatti in color seppia di
fogli di carta sollevati e spostati dall'aria che fa sbattere i vetri, e il
tintinnare del pennino che si appoggia ritmicamente sul calamaio. Il racconto
della fase della scrittura delle tre sorelle, e del tenue inganno dei loro
pseudonimi, è la parte migliore del romanzo/biografia di Gael. Qui Charlotte,
Emily ed Anne sono ritratte in tutta la loro potenza immaginifica e nel culto
del Genio, il vero tratto che le rese diverse da tante altre donne della loro
epoca - e forse anche della nostra.
Branwell Bronte, The Bronte Sisters London, National Portrait Gallery |
"Nel suo mondo immaginario [Charlotte] poteva
modificare l'ordine naturale delle cose [...] Credeva nella supremazia
dell'immaginazione senza impedimenti." "[Emily] impastava il pane con
un libro di poesia tedesca aperta sul tavolo di cucina e inventava storie
mentre spazzava i pavimenti o rifaceva i letti. Altri potevano considerare la
sua vita piuttosto fredda e triste, ma Emily, che conosceva la felicità
perfetta, non era affatto da compatire." "Scrisse [Charlotte]: 'Le vedute
distanti erano la delizia di Anne e quando mi guardo attorno, lei è nelle
sfumature azzurre, nelle pallide foschie, nelle onde e nelle ombre
dell'orizzonte'." A rendere epica la storia che Gael ha deciso di scrivere
c'è il sacro mistero di una femminilità che è allo stesso tempo costretta dalla
quotidianità e straripante nella poesia. Per questo le ultime pagine, dopo la
morte di Emily e quella di Anne, dopo la fine dell'esplosione della celebrità,
dei viaggi nella selvaggia Scozia, delle illusioni - pagine in cui Charlotte
non scrive e non pubblica, ma si sposa con un curato dall'intelletto medio,
sembrano scomparire a paragone con le precedenti. Sono pagine intessute di
regolarità coniugale e di dialoghi deboli, che di romantico (nel senso filosofico
del termine) e di sublime (in senso kantiano o burkeano) purtroppo hanno
perduto tutto. Ma il ricordo delle grandezza dei primi e dei capitoli centrali
continua a perseguitarci: anche noi lettori abbiamo sentito quel vento in
faccia e ascoltato la voce di Emily intonarsi con quella degli alberi, della
neve, dei suoi fantasmi.