19 marzo 2013

Il ballo

Ieri, in un unico viaggio verso Venezia, ho letto l'edizione 0,99€ (Newton&Compton) di Il ballo di Irène Némirovski. 
Questa autrice mi è stata consigliata da diverse persone, e poiché il tempo libero a mia disposizione adesso è scarso, ho scelto di "incontrarla" attraverso un racconto breve, qualcosa che mi coinvolgesse immediatamente e che non richiedesse riprese a distanza di tempo.
Il ballo è un racconto perfetto, del quale la brevità non fa che aumentare il valore. L'episodio centrale è l'organizzazione di un ballo da parte di una famiglia di Parigi. Sin dalle prime pagine si intuiscono i fattori di conflitto interni al nucleo familiare: il padre e la madre si sono sposati su basi del tutto diverse dall’affettuosità e dalla condivisione, e solo recentemente, quando il marito si è arricchito improvvisamente, la moglie ha iniziato a dare significato alla loro unione. La coppia tuttavia conserva ancora un forte senso di inferiorità nei confronti della “nuova” società alla quale è approdata, e il ballo è per loro un evento di importanza cruciale per il riconoscimento personale tra l’alta borghesia e la nobiltà parigine.
A questo punto entra in gioco il personaggio di Antoinette, l’unica figlia dei Kampf. Antoinette è una ragazza di quattordici anni, che vive tormentata nel conflitto tra l’idea che la sua famiglia ha di lei (quella di una bambina sciocca, priva di diritti e impossibilitata ad esprimersi) e il modo in cui ella vede se stessa: quasi una donna, ricca di sentimenti, di pulsioni e di splendidi valori. Antoinette disprezza i suoi genitori, e specialmente la madre, per la loro grettezza e la loro meschinità. Quando infatti le viene dato l’incarico di spedire gli inviti al ballo, ella decide di gettarli tutti nella Senna. L’enormità del suo atto è grandemente simbolico, perché rappresenta il rigetto delle convenzioni, dell’ipocrisia e dell’artefatta moralità della società dell’inizio del ventesimo secolo.
Le emozioni controverse e inarrestabili di una adolescente sono state spesso, in letteratura, il filtro attraverso cui gli autori hanno manifestato il disagio e la necessità di rinnovamento. La stessa epoca (tardo-vittoriana, potremmo definirla, per dare immediatamente l’idea di un superamento dell’ostentata moralità pervasiva nella società di fine Ottocento e inizio Novecento) ha prodotto la creazione di un capolavoro fantasy che però contiene un’acutissima – perché espressa con le parole del surreale – tensione critica, Alice’s Adventures in Wonderland (Alice nel paese delle meraviglie). I nodi sentimentali e psicologici di una ragazzina vittima della crisi coniugale dei suoi genitori sono i protagonisti, e per la prima volta nella storia della letteratura, di What Maisie Knew (Ciò che sapeva Daisy) di Henry James. 
Ma il romanzo a cui il mio pensiero è andato immediatamente leggendo Il ballo di Némirovski è stato il sublime La signorina Else di Arthur Schnitzler, in cui la protagonista si offre ai lettori nelle sue “minime oscillazioni psichiche” (cito qui la quarta di copertina dell’edizione Adelphi), nei suoi tormentosi istinti, nella crisi d’identità che riflette il decadimento di un’epoca. Else è un’adolescente bellissima, vivida, piena di passione, che a causa del fallimento economico della sua (buona) famiglia è subdolamente invitata dalla madre a vendersi ad un uomo ricchissimo, che potrebbe aiutarli a risollevarsi. Il romanzo breve di Schnitzler si svolge nell’arco di una giornata, e tratteggia la “caduta” di Else e del mondo in cui ella vive con l’immediatezza e la brutalità del capolavoro letterario.