26 febbraio 2020

Libri al tempo del virus

Chissà cosa penserò, in futuro, rileggendo questo post. Oggi è l’ultimo giorno delle vacanze di Carnevale, ma domani, e fino alla fine della settimana (per ora), non rientreremo a scuola a causa dell’emergenza dovuta al diffondersi del Covid-19. Quali sono, quindi, le mie letture al tempo del coronavirus? 
Dopo aver finito la bellissima biografia di Jane Austen firmata da Claire Tomalin, che la Nuova Editrice Berti ha recentemente pubblicato nella sua prima edizione italiana (a cura di Cecilia Mutti), mi sono letta a tutta velocità due bei romanzi di intrattenimento: Testimone inconsapevole, il mio primissimo esperimento – riuscito, direi – con la scrittura di Gianrico Carofiglio, e Scandalo in casa Mitford di Jessica Fellowes. Quest’ultimo è stato davvero un buon libro, che in generale mi è parso meglio strutturato dei due capitoli precedenti della saga: la sorella Mitford protagonista di questo romanzo è Diana, e bisogna ammettere che Fellowes ha evocato piuttosto bene la società sfavillante, ma già ghermita dalle prime ombre del disastro incombente, che circondava questa controversa figura storica. 
Tuttavia, l’esperienza di lettura più corroborante delle attuali giornate infestate dagli allarmismi è stato l’accomodarmi nel mio angolo libresco (la poltrona accanto alla finestra del mio studio) e da lì partire per un affascinante viaggio del pensiero, accompagnata da Évelyne Bloch-Dano e dal suo Le case dei miei scrittori (Add Editore, 2019, trad. di Sara Prencipe e Michela Volante). Il libro è una raccolta di brevi resoconti dedicati alle impressioni dell’autrice in visita a diverse dimore letterarie (case autentiche o musei). L’introduzione, giustamente intitolata “Apriamo la porta”, è un brano bellissimo, intensamente evocativo, che sprigiona tutta la passione di una lettrice vorace e di una curiosissima viaggiatrice: “il mio sguardo […] rincorre le parole, i libri, l’intero universo simbolico proprio dello scrittore, che prende corpo in un’atmosfera, in un contesto, talvolta negli oggetti”. “Questi momenti, in cui passato e presente si confondono, sono i più belli. Illusione di realtà? Forse, ma anche comunione, e talvolta comprensione profonda o diversa, sensuale, quasi carnale, dell’opera e del suo autore”. “Credo che la casa sia uno ‘stato d’animo’, e che spetti a noi farne risuonare l’eco, talvolta lontana. È il riflesso della nostra vita intima”. Gli scrittori, e le loro case, citati in questo libro sono in maggioranza francesi; non mancano però i tedeschi (Nietzsche, Brecht), gli americani (gli scrittori del Ritz, Edith Wharton), gli inglesi. È particolarmente bello il capitolo dedicato a Karen Blixen e alla sua fattoria in Africa; il paesaggio intorno ai luoghi di Chateaubriand ci travolge con la sua struggente bellezza; la rappresentazione del salotto di Louisa May Alcott a Concord è piena di vivacità; ci lascia strabiliati la descrizione della dimora di Victor Hugo, in esilio a Guernsey (“Astenersi menti banali”, commenta divertita l’autrice). Come sono riposanti i passi dedicati alla Lamb House di Henry James, nel Sussex, così è affettuoso lo sguardo sull’immensa biblioteca della Keats and Shelley House a Piazza di Spagna. Infine, è pieno d’amore il racconto dei luoghi di Proust in Normandia: “Seguire Marcel Proust a Cabourg equivale a camminare su terre reali e immaginarie, portare una località di villeggiatura della Belle Epoque nel contesto incantato del Tempo”. 
Come scrisse Emily Dickinson, “There is no Frigate like a Book / To take us Lands away” (“Non c’è vascello che come un libro / possa portarci in terre lontane”): e poiché in certi momenti non c’è niente di meglio che una terra lontana, la lettura ci è sempre di grande conforto.

12 febbraio 2020

Un comodino Neri Pozza

Ragionando sulle mie più recenti letture, mi sono accorta che sono tutte accomunate dall'inconfondibile marchio della casa editrice Neri Pozza. Nelle scorse settimane dalle sue tipografie sono uscite tante nuove pubblicazioni interessanti, che sono andate ad aggiungersi ad alcuni libri pubblicati dallo stesso editore qualche tempo fa e che non aspettavano altro che farsi leggere con grande gusto. 
Sul mio comodino c'è Un anno con Shakespeare di Allie Esiri, che sfoglio ogni sera appena prima di cena o prima di dormire, per leggere la citazione dedicata al giorno appena trascorso. Oggi il brano è tratto da Pene d'amor perdute (Atto IV, Scena 3), da cui estrapolo questa manciata di versi: "Dagli occhi delle donne traggo questa dottrina:/ del fuoco di Prometeo essi scintillan sempre;/ son essi i libri, le arti, le accademie/ che mostrano, contengono, nutrono il mondo intero" (trad. it. di Chiara Ujka).
La scorsa settimana ho letto il nuovissimo La ricamatrice di Winchester di Tracy Chevalier, storia di una donna inglese degli anni Trenta che percorre il suo cammino di vita sospinta da un insopprimibile desiderio di passione e di affermazione della sua identità. Se la storia narrata mi è sembrata piuttosto semplice, ho trovato la preziosità di questo libro nella ispirata raffigurazione di due sottotesti affascinanti della magnifica enciclopedia della cultura inglese: il ricamo dei cuscini per la cattedrale di Winchester e la sapienza dei suonatori di campane. Insomma, anche se non mi sono affezionata molto ai personaggi, ho amato la rievocazione dello Hampshire di allora, con i suoi segreti inconfessati, le complicate dinamiche di una piccola comunità, il dolore soffocato di una generazione di donne che ha perduto e rimpiange i suoi figli, fratelli e fidanzati, morti in trincea. E mi è proprio sembrato di vedere i colori, e di sentire la morbidezza impalpabile di quei fili di seta sotto le mani, la voce sussurrata dell'ago che vola sulla tela, e in sottofondo il rintoccare del batacchi sul piombo, levati in un alto canto di celebrazione. 
Una scrittrice che da qualche tempo sto tentando di scoprire è un'altra inglese, Daphne du Maurier, grandissima scrittrice della suspense che finora avevo conosciuto solo marginalmente, ma di cui sono davvero curiosa di sapere di più. Ho cominciato questo percorso, naturalmente, con la lettura del magnifico Rebecca nell'edizione il Saggiatore, e proprio in questi giorni sto concludendo Mia cugina Rachele (Neri Pozza), che nonostante i suoi settant'anni d'età conserva tutta la forza, la freschezza e l'asprezza di un romanzo che è molto difficile riporre. Il narratore è Philip Ashley, che racconta il suo rapporto, misterioso e ambiguo, con la cugina Rachele, moglie del defunto cugino Ambrose. La storia è potente e ombrosa fin dalle sue prime battute, con sezioni che tolgono il fiato: bellissimi scorci italiani, in equilibrio tra lo splendore dei palazzi dei ricchi fiorentini e la miseria inquietante della gente del popolo; incantevoli, vividissimi panorami della Cornovaglia, patria della scrittrice; e la rappresentazione perfetta di una passione distruttiva che lotta contro la certezza di un'impossibile armonia; una passione consapevole della propria sorte, eppure incapace di trovare tregua: "In quell'istante capii cosa Ambrose aveva visto in lei, che cosa aveva desiderato senza mai ottenerlo. Capii il tormento, il dolore, l'abisso che si apriva tra loro. Gli occhi di Rachele, così scuri, così diversi dai nostri, ci fissavano senza comprenderci. [...] Nella penombra anche il suo viso era straniero. Un viso sottile, un profilo su una moneta" (trad. it. di Marina Morpurgo).
Quando avrò terminato Rachele, dovrò scegliere se cominciare Daphne di Tatiana De Rosnay (la biografia della scrittrice che Neri Pozza ha pubblicato nel 2016: titolo originale, Manderley For Ever) o deviare dal cammino e intraprendere il magnifico viaggio dentro la nuovissima edizione di Via col vento di Margaret Mitchell (Neri Pozza 2020) oppure ancora entrare nello scintillante mondo de I Goldbaum di Natasha Solomons (Neri Pozza 2019), o forse distrarmi un po' con il nuovo capitolo dei Mitford Murders di Jessica Fellowes (Neri Pozza 2020)...
Direi che per le prossime settimane sarò in ottima compagnia!