29 marzo 2013

Lady Susan


Se durante questi giorni di festa così freddi e piovosi riuscite a liberarvi un buon pomeriggio accoccolati su un divano ad aspettare la sera, passatelo con Lady Susan. Il libricino, che Newton&Compton ha messo a disposizione a 0,99€ in tutte le librerie e anche nei supermercati, è una delle prime e (in Italia) meno conosciute opere di Jane Austen. È un romanzo breve scritto nello stile epistolare tanto di moda alla fine del Settecento (fu composto tra il 1793 e il 1794), e pur nella perfezione e brillantezza stilistiche che contraddistinguono tutta l’opera di Austen, dimostra dei tratti che lo differenziano sostanzialmente, per esempio, dai sei romanzi canonici. L’eroina eponima è infatti una donna che difficilmente si penserebbe protagonista di Pride and Prejudice o Emma: Lady Susan è una creatura frivola ma calcolatrice, che rimasta vedova da poche settimane e priva di grandi sostanze armeggia per accaparrarsi un nuovo marito estremamente ricco (e per trovarne uno altrettanto benestante per la giovanissima figlia). La struttura epistolare – che nella forma e per certi contenuti ricorda tanto Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos (1782) – innesca un meccanismo di relativismo della verità che Austen sa gestire con estrema sapienza (all’epoca non aveva nemmeno vent’anni): leggendo le lettere di Susan, della sua amica Alicia Johnson, e dei membri della famiglia De Courcy (è sul rampollo Reginald che la rapace vedova ha messo gli occhi), entriamo in una raffinatissima rete di interrelazioni che sulle prime ci confondono. Il carattere di Lady Susan si rivela nella sua virulenza solo dopo qualche pagina, poiché dapprincipio, grazie alle parole malinconiche che ella riserva al ricordo del marito, alla figlia, agli amici, al proprio stato di solitudine, ci sentiamo quasi di compatirla “ascoltando” i crudeli pettegolezzi che girano sul suo conto. Il progresso della storia si intesse sulla trama della menzogna che costantemente muta in verità e viceversa; ogni lettera ci pone di fronte ad una versione diversa da quella precedente, e di volta in volta Austen gioca con la nostra credulità per disvelarci piano piano, nel climax del dramma sociale, la realtà delle cose (e infatti le ultime battute del libro sono composte non in forma di epistola, ma di narrazione onnisciente, quasi come se l’autrice volesse intervenire a rassicurare un lettore confuso…). 
La costruzione della storia, che nella sua proposta di svariate prospettive di verità sembra quasi precorrere la grande letteratura del Novecento, è sicuramente l’aspetto più fenomenale di Lady Susan. Ma anche il ritratto di questa donna, così “diversa” dalle altre eroine austeniane, rimane indimenticabile nella mente dei lettori. In Becoming Jane Austen, la biografia romanzata della scrittrice pubblicata da Jon Spence nel 2003 (da cui fu poi tratto l’omonimo film con Anne Hathaway e James McAvoy), la composizione di Lady Susan è ritenuta ispirata dai rapporti che all’epoca il fratello di Jane, Henry Austen, coltivava con la cugina Eliza de Feuillide (vedova di un conte francese ghigliottinato a Parigi). Benché le condizioni economiche di Susan non coincidano con quelle di Eliza – che era ricchissima e poteva permettersi di “comprare” lo spiantato e affascinante sposo tanto ambito –, Spence sostiene che Jane fosse quasi impaurita dalla personalità vivace e scaltra della cugina, e che riversasse nel suo personaggio tanta parte della sua diffidenza nei confronti dell’ospite. Potremmo forse leggere nelle parole di Catherine De Courcy (la sorella di Reginald) la preoccupazione che la scrittrice nutriva nei confronti delle sorti di Henry: “Sono davvero in apprensione per Reginald […] perché constato con quanta rapidità l’influenza di Lady Susan si accresca. […] Lady Susan è riuscita, con la sottile arte della seduzione, a plagiarlo completamente. […] In tutta sincerità vorrei che ella non avesse mai messo piede in questa casa!”
Alla fine, la protagonista non riesce a sposare Reginald, sebbene ottenga comunque la sua ricompensa; Eliza invece divenne la moglie di Henry, perché come dice la stessa Lady Susan: “Non ho mai ancora visto che il consiglio di una sorella dissuadesse un giovane dall’innamorarsi, se lui lo vuole”.

19 marzo 2013

Il ballo

Ieri, in un unico viaggio verso Venezia, ho letto l'edizione 0,99€ (Newton&Compton) di Il ballo di Irène Némirovski. 
Questa autrice mi è stata consigliata da diverse persone, e poiché il tempo libero a mia disposizione adesso è scarso, ho scelto di "incontrarla" attraverso un racconto breve, qualcosa che mi coinvolgesse immediatamente e che non richiedesse riprese a distanza di tempo.
Il ballo è un racconto perfetto, del quale la brevità non fa che aumentare il valore. L'episodio centrale è l'organizzazione di un ballo da parte di una famiglia di Parigi. Sin dalle prime pagine si intuiscono i fattori di conflitto interni al nucleo familiare: il padre e la madre si sono sposati su basi del tutto diverse dall’affettuosità e dalla condivisione, e solo recentemente, quando il marito si è arricchito improvvisamente, la moglie ha iniziato a dare significato alla loro unione. La coppia tuttavia conserva ancora un forte senso di inferiorità nei confronti della “nuova” società alla quale è approdata, e il ballo è per loro un evento di importanza cruciale per il riconoscimento personale tra l’alta borghesia e la nobiltà parigine.
A questo punto entra in gioco il personaggio di Antoinette, l’unica figlia dei Kampf. Antoinette è una ragazza di quattordici anni, che vive tormentata nel conflitto tra l’idea che la sua famiglia ha di lei (quella di una bambina sciocca, priva di diritti e impossibilitata ad esprimersi) e il modo in cui ella vede se stessa: quasi una donna, ricca di sentimenti, di pulsioni e di splendidi valori. Antoinette disprezza i suoi genitori, e specialmente la madre, per la loro grettezza e la loro meschinità. Quando infatti le viene dato l’incarico di spedire gli inviti al ballo, ella decide di gettarli tutti nella Senna. L’enormità del suo atto è grandemente simbolico, perché rappresenta il rigetto delle convenzioni, dell’ipocrisia e dell’artefatta moralità della società dell’inizio del ventesimo secolo.
Le emozioni controverse e inarrestabili di una adolescente sono state spesso, in letteratura, il filtro attraverso cui gli autori hanno manifestato il disagio e la necessità di rinnovamento. La stessa epoca (tardo-vittoriana, potremmo definirla, per dare immediatamente l’idea di un superamento dell’ostentata moralità pervasiva nella società di fine Ottocento e inizio Novecento) ha prodotto la creazione di un capolavoro fantasy che però contiene un’acutissima – perché espressa con le parole del surreale – tensione critica, Alice’s Adventures in Wonderland (Alice nel paese delle meraviglie). I nodi sentimentali e psicologici di una ragazzina vittima della crisi coniugale dei suoi genitori sono i protagonisti, e per la prima volta nella storia della letteratura, di What Maisie Knew (Ciò che sapeva Daisy) di Henry James. 
Ma il romanzo a cui il mio pensiero è andato immediatamente leggendo Il ballo di Némirovski è stato il sublime La signorina Else di Arthur Schnitzler, in cui la protagonista si offre ai lettori nelle sue “minime oscillazioni psichiche” (cito qui la quarta di copertina dell’edizione Adelphi), nei suoi tormentosi istinti, nella crisi d’identità che riflette il decadimento di un’epoca. Else è un’adolescente bellissima, vivida, piena di passione, che a causa del fallimento economico della sua (buona) famiglia è subdolamente invitata dalla madre a vendersi ad un uomo ricchissimo, che potrebbe aiutarli a risollevarsi. Il romanzo breve di Schnitzler si svolge nell’arco di una giornata, e tratteggia la “caduta” di Else e del mondo in cui ella vive con l’immediatezza e la brutalità del capolavoro letterario. 

2 marzo 2013

The Dashwood Sisters Tell All

Ho chiuso l'ultima pagina di The Dashwood Sisters Tell All, un derivato austeniano di una scrittrice, Beth Pattillo, che di questo sottogenere del romanzo sembra piuttosto esperta. Questo libricino era proprio quel che ci voleva per questo periodo così straimpegnato, così concitato, e soprattutto così dedicato a Jane Austen. Si è trattato infatti di una lettura leggera, costruita su una trama semplice e decorosa, con simbologie e riferimenti fin troppo evidenti ma non per questo banali. Già il titolo richiama immediatamente Ragione e sentimento, e in effetti la storia è totalmente concentrata sui rapporti fra  diverse coppie di sorelle. Ci sono le due protagoniste, Ellen e Mimi (i nomi richiamano subito Elinor e Marianne del romanzo di Austen), che dopo la morte della mamma - appassionata della scrittrice inglese - partono per l'Inghilterra alla ricerca di un luogo dove far riposare le sue ceneri. Nel corso di un walking tour (escursione a piedi) nei luoghi di Jane nella "sua" contea, lo Hampshire, Ellen e Mimi hanno l'occasione di scoprire la storia di due sorelle molto più celebri, Jane e Cassandra Austen, e addirittura di imbattersi nell'esistenza di una coppia di preziosissimi oggetti a loro appartenuti.... La trama, ripeto, è semplice e lineare: alla relazione tra le due sorelle si affianca il facilissimo racconto dell'immediato innamoramento (in perfetto stile Marianne) di Mimi per un affascinante indigeno, dell'antica, mai sopita eppure silenziosa passione di Ellen per un uomo (dal cognome che è tutto un programma: Edwards...) che in passato non ha potuto amare, del rapporto dapprima incredibile e poi tenerissimo tra Mimi e il leader del tour, Tom Braddock (una specie di colonnello Brandon). 
Il cottage di Chawton, sede del
Jane Austen House Museum.
Foto di Mara Barbuni (2007)
I personaggi sono piuttosto caricaturali, e l'intreccio poco fitto e sostanzioso, ma la narrazione dell'escursione è suggestiva, e sembra quasi mostrare ai nostri occhi di lettori i luoghi che attraversa. Si va dal villaggio di Steventon, dove Jane Austen nacque, al cottage di Chawton, dove scrisse o riscrisse le proprie opere, a Chawton House, la grande e sontuosa dimora di suo fratello, fino alla cattedrale di Winchester, dove la scrittrice è sepolta. Nonostante si fatichi un po' a credere che nello Hampshire faccia tutto quel caldo di cui si parla nel libro (io ci sono stata in pieno agosto, e sempre con un bel maglione addosso...), ci sembra di prender parte anche noi a quella deliziosa passeggiata. Anzi, questa lettura mette proprio una grande voglia di ritornare laggiù....