2 ottobre 2022

Le luci bianche di Parigi

Negli ultimi mesi ho riletto tanti libri, proposti durante i miei gruppi di lettura, di cui avevo già scritto su questo blog. Altre storie recuperate qui e là, tra consigli in rete e scaffali della biblioteca, mi hanno lasciata poco entusiasta; e dopo un'estate all'insegna di grandi cambiamenti, appena risistemata la poltrona delle letture nel salotto della casa nuova, ho letto due romanzi non impareggiabili ma in qualche modo interessanti e, finalmente, un grande libro, di ampio respiro, con un vasto orizzonte e di forza profonda. 

Il noir del sempre impeccabile John Banville, Dove è sempre notte (Guanda), e il recente Il caso di Agatha Christie di Nina de Gramont (Neri Pozza) sono curiosamente accomunati dal racconto dolorosissimo delle giovani madri nubili che fino a non troppi decenni fa venivano rinchiuse nei conventi irlandesi e sottoposte a impensabili angherie; in particolare, non mi sentirei di raccomandare il libro di Nina de Gremont a chi fosse davvero incuriosito dal caso citato nel titolo (la scomparsa di Agatha Christie nel dicembre del 1926), bensì per la sua piuttosto cruda analisi delle vicende di tante ragazze imprigionate nella gabbia silente di un aberrante progetto religioso. 

Il romanzo che invece suggerirei senza dubbio è Le luci bianche di Parigi di Theresa Rèvay (Neri Pozza, trad. di Roberto Boi), un sontuoso affresco storico che anziché perdersi, come spesso accade, nei particolari troppo particolari di una vita individuale o di relazione, affronta di petto le potenti atmosfere del Novecento, dalla rivoluzione russa alla seconda guerra mondiale. Protagonista del racconto è la contessa Ksenija, una ragazzina di San Pietroburgo che nel corso delle prime pagine viene strappata dalla propria fanciullezza dai rivoltosi di San Pietroburgo, e che diventa responsabile della propria famiglia, trascinandola con sé in esilio, in Germania e a Parigi. Intorno a lei girano numerosi personaggi, tratteggiati con vividezza: non ultimo il suo amante tedesco, Max von Passau, grazie al quale possiamo camminare nella sfavillante Berlino della cupa trasformazione, dalla Repubblica di Weimar al Terzo Reich: "Potsdamer Platz, che più che una piazza pareva un allucinato crocevia, i barrocci variopinti dei fioristi, le luci abbondanti che si accendevano al primo calar del buio, Alexanderplatz da dove partivano delle stradine pittoresche, [...] il denso verdeggiare del Tiergarten, la Sprea che serpeggiava tra i suoi canali, le colonne Morris coperte di manifesti che indicavano spettacoli di ogni genere". 

Tra le densissime passioni narrate da questo libro, il gusto dei luoghi ha un fascino irresistibile: ci sembra di vivere in quella Berlino, in quella San Pietroburgo investita dal freddo che sale con la nebbia dalla Neva, nella Parigi delle luci d'arte e di moda, a rischio di venire spente per sempre. La storia d'amore tra Ksenija e Max, alla fine, sembra l'aspetto meno importante di questo libro (nonostante sia raccontata con grande eleganza), che al contrario può trascinarci indietro nella Storia, insegnando anche qualcosa, a chi avrà voglia di stare in ascolto.