23 marzo 2015

Shakespeare and Company

Foto di Mara Barbuni 2015
Sono tornata da un’incantevole settimana a Parigi, trascorsa all’insegna dell’arte e della letteratura. Ho visitato tutti i musei in cui i miei piedi mi hanno permesso di entrare (quattro in un giorno…) e ho rintracciato, in lungo e in largo per la città, i portoni, le finestre e le vetrine dei caffè attraverso i quali attimi di storia hanno potuto intravvedere il passaggio di grandi scrittori. Dovrò raccontare da qualche parte queste mie esaltanti ricerche: potrei scrivere una guida letteraria di Parigi, chissà…. 
Una delle tappe più appassionanti di questo lungo cammino è stata la visita alla libreria Shakespeare & Company. Situata nel cuore di Parigi, sulla riva della Senna di fronte alla cattedrale di Notre Dame, la libreria aprì nel 1951 e da allora è stata un luogo d’incontro per autori e lettori di lingua inglese – una vera e propria istituzione letteraria sulla Rive Gauche. Il suo nome originale era Le Mistral, ma il proprietario, l’americano George Whitman, lo cambiò in Shakespeare and Company nell’aprile del 1964 in onore della celeberrima e ammirata libraia Sylvia Beach, che dal 1919 al 1941 aveva gestito la prima Shakespeare and Company in Rue de l’Odéon. 
La libreria di Sylvia Beach, citata in Festa mobile di Hemingway, era stata un punto di ritrovo per autori francesi come André Gide e Paul Valéry e per la colonia di espatriati angloamericani di cui facevano parte, oltre allo stesso Hemingway, James Joyce, Gertrude Stein, Francis Scott Fitzgerald, T.S. Eliot, Ezra Pound. Agli autori squattrinati Sylvia prestava i libri, e spesso si offriva di pubblicare i loro lavori – fu questo il destino dell’Ulisse di Joyce, pubblicato da Sylvia Blythe nel 1922. 
Fonte: http://shakespeareandcompany.com/
Un giorno di dicembre del 1941, agli inizi dell’occupazione, un ufficiale tedesco entrò in libreria e pretese una copia di Finnegans Wake. Sylvia si rifiutò di vendergliela, e il soldato le comunicò che nel pomeriggio sarebbe tornato per confiscare tutti i libri e chiudere l’esercizio. Non appena se ne fu andato, Sylvia trasferì tutti i tesori, al sicuro, in un appartamento al piano di sopra; la libreria non riaprì più, e la donna trascorse sei mesi nel campo di internamento di Vittel. Le sue memorie, dal titolo Shakespeare and Company, uscirono nel 1959. Sylvia Blythe morì a Parigi nel 1962. 
La libreria di George Whitman (che si visita oggi, al numero 37 di Rue de la Bûcherie) ha accolto a sua volta scrittori, artisti e intellettuali, che potevano anche soggiornare tra gli scaffali dei libri, in una sorta di “comune” che era anche, come sosteneva Whitman, una «utopia socialista mascherata da negozio di libri». Agli ospiti della Shakespeare and Company si chiedeva di leggere un libro al giorno, di aiutare qualche ora in negozio e di scrivere una brevissima autobiografia: questi lavori (migliaia di pagine) sono stati raccolti in un enorme archivio di storie di viaggio, di letteratura e di sogni. Fra il 2001 e il 2006 la figlia di George, Sylvia Whitman, iniziò a dare una mano al padre fino a prendere in mano definitivamente le redini della libreria: da allora Sylvia ha inaugurato varie attività, come il festival letterario della Shakespeare & Co. (cominciato nel 2003) e il Paris Literary Prize (un concorso letterario per novelle aperto ad autori inediti). Di recente, la libreria è apparsa nei film Before Sunset di Richard Linklater e Midnight in Paris di Woody Allen. Tantissimi famosi autori continuano a fare la storia della Shakespeare and Company: tra loro, Zadie Smith, Jennifer Egan, Edward St. Aubyn…. 
Io ci sono entrata lunedì scorso, in una giornata piena di sole, alla fine di una bella camminata. Ho visto spazi angusti, libri impilati fino al soffitto, un disordine che significava creatività. Le seggiole invecchiate, i divani che sono stati i letti degli scrittori aspiranti o emergenti, le macchine da scrivere Underwood impolverate collocate tra i volumi, sugli scaffali sbilenchi che circondano un pianoforte scordato; e poi la biblioteca alla memoria di Sylvia Blythe, la luce discreta, la scala stretta, le fotografie in bianco e nero, e lo spazio di fuori, con le bancarelle coperte… istantanea di un mondo estraneo alla topografia del presente, dove si risponde solamente alle leggi della letteratura.