7 settembre 2014

La vita segreta di Bletchley Park

Questa settimana abbiamo ricordato i settantacinque anni dall’inizio della seconda guerra mondiale. Nonostante il passare del tempo, la storia del conflitto rimane viva - per chi la vuole ascoltare - grazie alle testimonianze ancora presenti e alle decine, centinaia di libri (saggi e romanzi) che l’hanno raccontata, e che – com’è compito della letteratura – hanno tentato e tentano di insegnarci a non ripetere i tragici errori già compiuti. 
Questa settimana io ho concluso la lettura di un corposo volume dedicato a un singolo aspetto, molto particolare, di quel conflitto – una pagina sui generis, che però ha cambiato le sorti della guerra e ha impedito con strenua forza di volontà la caduta dell’Europa nell’abisso. The Secret Life of Bletchley Park di Sinclair McKay (non c’è traduzione italiana, purtroppo) racconta la storia di quella straordinaria dimora sperduta nel Buckinghamshire (a 75 km da Londra) dove poco prima dello scoppio della guerra iniziarono a radunarsi i più brillanti geni inglesi della matematica e della linguistica (ma anche dell’egittologia e persino dell’astrologia). Giovani arruolati direttamente nelle università, rampolli di famiglie nobili, ma anche ragazzini e ragazzine senza speranze, si trasferirono nella tenuta di Bletchley Park e lì, con turni di lavoro sfiancanti, condizioni di vita spartane e il più severo obbligo di segretezza (la verità sui loro incarichi fu resa pubblica solo trent’anni dopo), lavorarono alla decrittazione dei codici di Enigma, l’infernale macchina con cui i nazisti cifravano i loro messaggi. 
Bletchley Park
La forza del libro, che non è un romanzo, ma è basato interamente sulle testimonianze dei protagonisti di quel tempo, sta nel suo talento di rievocazione di un luogo, di un’epoca, di una generazione. “La facciata della casa dava sulla città, ma qualsiasi scorcio di Bletchley era oscurato dagli alberi. L’unico aspetto che ricordasse l’esistenza del mondo esterno erano le grida distanti del fischio del treno, che riecheggiavano nell’aria primaverile” (qui e altrove, la traduzione è mia). “Tutti i giorni, dopo pranzo, quando il tempo era favorevole, i decrittatori giocavano a rounders [gioco simile al baseball] sul prato della grande casa, con quell’atteggiamento semiserio ostentato dai docenti universitari quando sono impegnati in attività che potrebbero essere considerate frivole o insignificanti, se paragonate con i loro più importanti studi. Così, essi erano soliti discutere per un punto della partita con lo stesso fervore con cui avrebbero dibattuto la questione del libero arbitrio o del determinismo, o se il mondo sia iniziato con il big bang o con un processo di creazione continua.” 
Ma The Secret Life of Bletchley Park è anche avvincente per la sua accurata descrizione di Enigma: simile a una macchina da scrivere, il congegno era stato messo in vendita nel 1923, e dapprincipio era stato acquistato soprattutto da banchieri che desideravano mantenere segrete le loro comunicazioni. Quando la marina tedesca acquisì il sistema (dopo che il ministero degli esteri britannico l’aveva ritenuto grossolano e inadatto), lo tolse dal mercato, lo modificò, e lo trasformò nell’elaboratore di codici che rimasero per lungo tempo inaccessibili. Il principio di Enigma era il seguente: “le macchine Enigma cifravano i messaggi e, una volta che questi raggiungevano la loro destinazione, li decrittavano. L’operatore pigiava un tasto sulla tastiera normale; un paio di secondi dopo, tramite corrente elettrica convogliata nelle ruote con le lettere del codice, una lettera diversa si accendeva sull’adiacente tastiera a caratteri luminosi. 
Enigma
L’operatore prendeva nota di questa seconda lettera. E così via, per tutti i caratteri che componevano un messaggio. La versione cifrata veniva poi comunicata via radio in codice Morse al suo destinatario. Costui, che aveva una macchina Enigma configurata allo stesso identico modo, digitava le lettere codificate una a una – e una a una, quelle vere si illuminavano sulla sua tastiera a caratteri luminosi.” Il solo – terribile – compito delle reclute di Bletchley Park era decrittare i codici. E ci riuscirono: il loro lavoro, secondo il presidente Eisenhower, abbreviò la durata della guerra di almeno due anni, ma secondo altri storici l’apporto fornito al mondo dalla compagine di decrittatori chiusi nel segreto e nei confini di quel parco nel Buckinghamshire sarebbe anche più significativo. E non solo ai fini della vittoria del conflitto. Nelle fila di quei giovani talenti condannati all’oblio (del loro straordinario impegno non poterono né parlare né scrivere per decenni) si trovava infatti anche il dottor Alan Turing, considerato il padre della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale. Turing sviluppò un sistema (“macchina di Turing”) che riuscì a decifrare in velocità e con efficienza i codici formulati dalla macchina tedesca derivata da Enigma. La vita privata di questo incredibile genio, però, non gli riservò le soddisfazioni che egli avrebbe meritato. Accusato di omosessualità in un periodo in cui la legge inglese lo considerava ancora un reato, Turing fu condannato alla castrazione chimica. Morì suicida, mangiando una mela avvelenata al cianuro, nel 1954. Le scuse del governo britannico (“per conto del governo britannico, e di tutti coloro che vivono liberi grazie al lavoro di Alan, sono orgoglioso di dire: ci dispiace, avresti meritato di meglio” dichiarò l’allora premier Gordon Brown) giunsero nel 2009; la grazia da parte della sovrana fu elargita nel 2013.