29 giugno 2011

S'alza il vento

Le Isole Shetland a tardissima sera.
Foto di Mara Barbuni (2009)
In giornate dal calore insopportabile come questa ho sempre il desiderio che si alzi il vento. Un vento da nord, freddo e secco, che scacci le opprimenti bolle di calura e restituisca alle cose i loro naturali contorni. Nelle giornate ventose, in qualunque momento dell'anno, l'immagine che cogliamo del mondo è meglio definita, i colori sono più brillanti, le acque dei canali sembrano rinvigorirsi, e il fogliame degli alberi, scosso dall'aria in moto, ci restituisce un senso di vita, di progresso, di proiezione verso il miglioramento. Il vento mi riempie di entusiasmo, di allegria e di prospettive; e come mi piace espormi alla sua forza, così è bello sentire raccontare il suo impeto nelle storie che leggo. The French Lieutenant's Woman di Fowles, Sylvia's Lovers di Gaskell, Remarkable Creatures di Tracy Chevalier, Moby Dick di Melville e tanti altri racconti di terra e di mare hanno legato indissolubilmente l'infuriare del vento ad un bruciante e sublime romanticismo (teorico, naturalmente, non sentimentale) e dunque con l'idea dell'ancestrale tenacia e del titanismo dell'essere umano, che gode della potenza degli elementi poiché in essa ritrova la propria grandezza, il proprio afflato alla sopravvivenza. Ed è proprio nella tragedia che la sua resistenza trionfa, eticamente ed esteticamente: perché come Heathcliff nelle Cime tempestose di Emily Brontë, anche nel cuore della sciagura l'uomo viene nobilitato dall'empito delle sue passioni.