21 gennaio 2011

Jane

Qualche giorno fa ho visto il film Il club di Jane Austen, tratto dall'omonimo libro, che non ho mai letto. La storia non è niente di particolare, anzi, si fa un po' fastidiosa quando gli irritanti personaggi femminili del gruppo di lettura si prendono gioco di una di loro per il fatto di riferirsi alla loro autrice preferita solo con il nome di battesimo: Jane. E' un' abitudine che ho preso anch'io, e non vedo cosa ci sia di strano. Per dirla tutta, Amanda Cross, nel suo Un delitto per James Joyce (a proposito, da non perdere per chi ama come me i literary misteries...), fa dire alla sua protagonista che quanto di meglio possa essere trovato per svolgere una buona ricerca letteraria è qualcuno talmente legato ai propri autori da chiamarli per nome - "qualcuno," dice pressappoco, "che si riferisca ad Austen solo con 'Jane'". 
Ma non è di questo che intendevo parlare. Nell'ultimo post si parlava del colore, e di quanto esso possa essere pregnante nello sviluppo di una storia. I sei più famosi romanzi di Jane sono pieni di colore.
Emma è giallo: luminoso, appariscente, dominante, eppure talvolta inquietante nella sua presunzione prossima all'arroganza.
Northanger Abbey è rosa, ingenuo, furbetto, un po' noioso.
Azzurro è Orgoglio e pregiudizio. La perfezione, la vastità d'intenti, il respiro ampio, l'ariosità consolante, la luce immensa e tuttavia le ombre... insomma tutte le sfumature della poesia.
Ragione e sentimento è verde. Il verde del Devonshire e del Sussex, quel verde solo inglese, morbido, fragrante, fresco, a volte cupo, ma sempre intriso di vita.
Un tenue grigio perlato è il colore di Persuasione, del mare di Lyme Regis, della stringente malinconia che non ti abbandona neanche dopo il lieto fine.
Mansfield Park mi fa pensare al rosso intenso, per la sua solennità e la forza delle sue passioni, e per la totalità delle emozioni umane che è in grado di rappresentare. 
Penso non sarà l'ultima volta che qui parleremo di Jane.